La forza dello spirito, noi come una vela.

Il campo della costellazione guida facilitatore e rappresentanti; assumendo, attraverso la loro presenza, una forma condivisibile. Quando partecipiamo ad una costellazione nuove informazioni vengono immesse nel nostro sistema. Quando avviene, in quell’attimo, ci è concesso di sentire il contatto con il grande mistero al quale siamo tutti collegati; qualche cosa di nuovo, inaspettato, si svolge davanti ai nostri occhi e ‘percepiamo’ che tutto cambia. I corpi dei rappresentanti si muovono, scossi da fremiti, contratti cadono, si alzano, spiccano il volo, pendono; il corpo si muove ed è pieno di energia, per tutto il tempo, ma dov’è il confine tra il mio corpo e l’energia? non lo vedo è invisibile; eppure se avessi altri occhi ‘vedrei’ che energia e corpo si muovo insieme. In verità il corpo non si muove, è l’energia a farlo, in realtà nemmeno c’è questo corpo. Ma quale criterio muove il rappresentante di mia madre che si fa piccolo , massiccio a vedersi e lento ? E’ un criterio sensato , ogni movimento ha senso, eppure questo senso che si manifesta il davanti a me, lo vedo solo così, laddove lo spirito, immenso, passa e muove. Lo spirito si manifesta nel movimento a volte impercettibile, del corpo che si mostra a me come immagine in movimento. Il cliente è nel vedere e implora il guardare, padre guardami, mio padre non mi guarda, il mondo non mi guarda, quanto dovrò apparire per esser guardato? Quanto dovrò fare? Un meccanismo fallimentare. Ma guardare, osservare, vedere, non sono sinonimi in costellazione, ma cose ben diverse. Quando osservo un’opera d’arte, per esempio, vado ai dettagli, estrapolo questo e quello, la percezione di insieme si perde sullo sfondo. Così quando osservo una persona (accadeva a volte con i miei pazienti), ne osservo per lo più il comportamento, osservo i segni sul corpo, per esempio dei tatuaggi, osservo…, ma l’insieme mi fugge. Se al contrario ‘vedo’ una persona allora la percepisco come un’unità. Non sono più i dettagli quelli che afferro, a volte con sguardo caparbio nel non lasciare nulla indietro, ma vedo con immediatezza ciò che di lei è essenziale. L’altro davanti a me diviene persona nel suo complesso, il mio vedere sarà quindi al suo servizio, nel suo vero interesse. Se mi approccio all’altro con questa ‘visone’ lo potrò fare solo se sarò veramente libero da un secondo fine, per quanto io creda di poter ‘fare’ per lui, nel vedere mi arrendo ad un ‘non fare partecipante’. Lo sguardo crea così un’intimità speciale che esige, per la sua forza, un profondo rispetto, pur nella partecipazione profonda mi ritraggo da lui, mantengo un certo distacco. Ciò che apre è l’unicità di ogni singola persona Le regole cadono insieme e ai giudizi e pregiudizi, il contatto si stabilisce alla luce dell’amore, al servizio dell’amore possono così apparire delle soluzioni1. L’astenersi è un’azione specifica, ci asteniamo dai nostri schemi di pensiero e di comportamento, come la tendenza alla fuga, al voler risolvere a tutti costi, al biasimo, in sintesi al giudizio. Ci asteniamo per poter veramente ‘sentire’ che cosa sta’ succedendo.

Astenersi è un atto di rispetto e di coraggio, è umile e profondo. L’umiltà ci riporta con i piedi per terra, ci riporta alle origini, alla radice di tutto ciò che esiste, se lo facciamo con consapevolezza ci sentiremmo supportati, quasi presi per mano, sicuri. Chiudi gli occhi e guardo al mio passato, ma questo passato dov’è? Qui, altrove, dove? La mia storia diventa un immagine, da queste immagini laddove non ho altro che i miei ricordi, (ma i ricordi non sono che personali in realtà) cosa ne resta ? Dei sentimenti, rancori, amori, dispiaceri, dare ed avere; il mio passato è un’immagine, il passato di mia madre anche di lei ho foto-racconti, altre immagini, guardo la mia vita, guardo tutto ciò che è avvenuto e ora vedo ciò che ho voluto escludere, forse eliminare, cosa ne resterebbe di me ? Il pensiero immaginale si affaccia umile agli accadimenti come testimone, tra coscienza e conoscenza, di questo pensiero fa parte la meditazione. Sinonimo di apertura, la meditazione, ci rimanda ad un vuoto che si fa si umile ma insieme ci rafforza. Vuoto non come assenza, ma come immagine ingenua, originaria, cioè condizione fertile del dispiegarsi di una conoscenza nuova. Questo ‘vuoto’ si colloca nel cuore, come la mistica indiana ci in segna, centro della conoscenza. Uno ‘spazio corporeo’ di identità personale, dove il sentimento di sé si allarga sino a comprendere e a partecipare a un Tutto che diviene, e si riconosce, nella molteplicità di ogni sua singola parte. Mi accorgo che come ogni attimo è già pregno di tutto il tempo così ogni corpo è già pregno dei corpi pregressi che lo hanno portato sino a me, in ogni parte sono inscritte tutte la parti degli antenati e noi ne siamo i portatori viventi, quelli in prima linea. Meditare non basta, ci sono rivelazioni che si palesano solo tramite il processo fenomenologico, uno ‘sguardo coraggioso’, un cuore aperto, lì appare l’essenziale a partire dalla pienezza dei fatti; come? Esponendoci completamente ad essi nel modo più ampio possibile, noi come una vela. E anche riassumendo spesso eventi molto dolorosi, tragici del nucleo famigliare. Questa realtà sistemica emergente deve però trovare un cuore che la abbracci e, laddove possibile, sappia dar corso alla forza ordinata dell’amore, perché amare solo non basta, senza ‘ordine’ l’amore si fa tossico, si indebolisce , si ammala, si distrugge, un amore disordinato che ci immette in storie fallimentari. Ma cos’è questa capacità di vedere? La capacità di vedere, ci precisa Hellinger, non è intuito che arriva senza che noi si faccia nulla per stimolarlo, arriva così, improvvisamente. La capacità di vedere è apertura, io mi apro completante a trame complesse e lascio che operino in me, che abbiano effetto su di me. Non ci limitiamo a percepire l’ambiente che ci circonda e ad accoglierlo in noi, operazione comunque importante, ma ci esponiamo a ciò che accade. Con gli occhi aperti in questo modo possiamo andare oltre perché il nostro vedere interiore è sveglio, presente. Medito, medito spesso, ma altrettanto spesso patisco la forza del quotidiano, vorrei fare, cambiare; ma la via fenomenologica costellativa mi blocca, e mi porta così alla visone del prossimo passo da compiere. Tutto ciò che esiste è in movimento , un movimento che non può mai terminare, un movimento che ha un criterio, un senso; ciò che può terminare sono le immagini ma non la forza spirituale che agisce dietro di esse, i nostri occhi guardano (lo sguardo) e la visone si vede, il vedere è altro, l’immagine si manifesta alla vista, allo guardo e la vedo essa si svela nel qui ed ora per ciò che è, non interpreto, rimango nell’osservazione del movimento e vedere ciò che è accade in costellazione, sempre, è la visone è dello spirito. Questo esercizio ci permette così di passare dalla ristrettezza della nostra anima alla vastità dello spirito e ci apre delle possibilità totalmente nuove. Passare dall’idea di un passato concluso e fermo alla consapevolezza che la creazione è per sua stessa definizione incompleta, la vita che cresce lo è, magicamente incompleta, così i miei genitori non potevano essere perfetti e completi ma incompleti e creativi, lo sguardo così si raccoglie e li vedo , mi inchino e ringrazio.

Del manifestarsi: L’impensabile diventa visibile

Grazie alla scoperta della fisica quantistica, stiamo imparando, in che modo la nostra consapevolezza e coscienza interagiscono con la realtà, la semplice osservazione di un sistema lo modifica. Non esiste quindi un’osservazione del tutto passiva, cosa rende così fondamentale tale osservazione? Il fatto che comunque è un atto di coscienza ed è intenzionale. Poiché l’analisi di un sistema famigliare è un atto di coscienza illuminate, destinato a portare una luce e consapevolezza importante del sistema stesso, quando posiamo il nostro sguardo, se siamo dotati di sufficiente presenza, trasformiamo ogni cosa, quindi trasformiamo un sistema, ovvero l’oggetto del nostro interesse in un processo di co-creazione di realtà. Un intento forte e sincero quindi può modificare sostanzialmente un sistema in direzione della luce consapevole, su questo in definitiva si fonda lo stesso pregare. Il fenomeno, ciò che appare è l’osservabile, l’aspetto percepito di qualche cosa che si manifesta alla percezione fisica e psicologica e lo fa attraverso il campo. Questo è il mezzo per noi primario per afferrare la ‘realtà per noi’ e insieme lo spirito, dato che è la nostra ‘esperienza’ consapevole che ci permette di osservare lo spirito. Lo spirito passa e muove la nostra esperienza intuitiva, che diviene cosi fondamentale per ‘conoscere’. Tutti questi concetti sono parte del pensiero e metodo hellingheriano di costellazioni. Anche il superamento di tutta una serie di terapie psicologiche o psicanalitiche è filofenomenologico, nessun pregiudizio, nessun imperare della parola, nessuno schema preconfezionato o sentenza di malattia o guarigione, una vera liberazione. Di più, durante le costellazioni i rappresentanti sono in ‘grado’ di provare sul loro corpo il sentire dell’altro, di esperire delle risposte fisiche, nel momento che stabiliscono il contatto con il campo esplorato. Durante la costellazione lo sguardo attento avvolge, quasi ‘palpa’, i ‘fatti’ resi visibili, come se lo sapesse prima di saperle; esso si muove a modo suo nel suo stile regolare e nondimeno le vedute che abbiamo non sono vedute qualsiasi, io non guardo un caos, ma lo svolgersi di ‘fatti’, a volte conosciuti e insieme sconosciuti; se ogni visibile è ricavato dal tangibile, tutto ciò che è tattile via appartiene, visibile è una qualità pregnante di una trama, la superficie di una profondità. Il campo morfico rende leggibile la sua memoria attraversò le costellazioni, si rivela come un campo di informazioni autonomo e indipendente anche dal valore del singolo individuo. E’ indipendente ma risponde al campo di coscienza di chi lo osserva, nel momento che lo percepiamo si attua un interazione con la qualità della nostra stessa presenza, di noi che siamo li in costellazioni e osserviamo; in definitiva l’attenzione, il nostro vedere e l’intenzione fenomenologica permettono all’invisibile di farsi visibile, e questo come? Restando al bordo delle cose La parte del metodo fenomenologico che entra nelle costellazioni così come Hellinger stesso ne parla negli ‘Ordini dell’amore’ è un movimento che all’inizio porta a fermarsi e poi a ritirarsi.. “(…) io lo chiamo fenomenologico”. Presuppone anche una grande disciplina e pratica, le condizioni di ascolto non giudicante non sono certo la nostra naturale modalità di andare alle cose, ne tantomeno la capacità di raggiungere quel vuoto che riesce : “(…) far fronte alla pienezza della molteplicità”4, nella pratica fenomenologica si costituisce una forma di conoscenza che sospende il giudizio di valore di ciò che è oggettivo, obiettivo, e permette di cogliere la vita che si manifesta in modo del tutto speciale e tangibile nelle costellazioni.

La forza creativa

La forza creativa non funziona in relazione ai problemi ma solo alle soluzioni. Ciò che porta alle soluzioni è l’amore, la capacità di vedere è al servizio dell’amore e dell’intenzione buona Ma è soltanto nel mio ritirarmi che rispetto i mio cliente. Mi ritraggo per lasciare essere, rimango al bordo delle cose pur restandone al centro, questo per non esser coinvolto dal sistema, ma per non modificare alcun che del sistema famiglia che si rappresenta in costellazione, nella consapevolezza della necessità di non dover attribuire un valore o un significato codificato all’accadere di alcuni elementi perché questo influenzerebbe il sistema inerente la costellazione stessa. Devo mantenere la giusta distanza, con misura. Ma che cosa intendo? Hellinger ci spiega che la misura è necessaria alla giusta presenza e cura ed è l’attimo, il qui ed ora a mostrarci questa misura e questo perché la presenza nell’attimo non guarda ne avanti ne indietro, ne troppo vicino ne lontano. Imparare a restare nell’attimo mi salva da molti errori e da interventismi non richiesti. Costellare mi ha fatto assaporare il restare sulla soglia, al bordo delle cose fintanto che non mi veniva permesso dal sistema di oltrepassare la soglia, ed di restare nello spazio dello spirito con umiltà, radicata e con misura, attenta. Rimango lì davanti e metto gli altri davanti a ciò che accade, quante volte in formazione durante una costellazione veniva detto: Guarda, guarda là! Gli occhi si chiudono e il mondo interiore si dipana, io mi collego ad un altro mondo, quello interiore, un mondo spirituale. Hellinger ci esorta poi ad aprirli quegli stessi occhi e ad esercitare uno sguardo diverso, uno sguardo con occhi ‘vuoti e aperti, chiusi senza chiuderli, perché questo complesso esercizio? Perché incontro così l’interiorità, la luce di ogni uno e con amore abbraccio tutto ciò. Irene Angela Bianchi

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