WATZLAWICK (1921-2007), importante sociologo, filosofo e psicologo austriaco, ha dimostrato chiaramente come la comunicazione crei la realtà che ci circonda. Concetto importantissimo in un periodo, come il nostro di post covid19, pieno di informazione e disinformazione, assolutamente ridondante.
Ci è ormai chiaro che l’impiego di una ben determinata comunicazione interpersonale porta sempre ad un cambiamento dello stato d’animo, delle opinioni o dei sentimenti delle persone con le quali entriamo in contatto. Il linguaggio quindi è potente. I mutamenti osservabili come conseguenza delle parole sono inoltre anche di carattere fisico, ogni pubblicità ne è un esempio.
La tesi è che tutto ciò che appare immodificabile può essere cambiato, il linguaggio può cambiare l’immagine del mondo, diviene così un mezzo di suggestione e persuasione al cambiamento. Sfruttando le enormi potenzialità della comunicazione umana è possibile dare fiducia a chi è in difficoltà. Ma come di tutto ciò che è in grado di guarire, come un ‘veleno’ che dosato salva e non uccide, si può farne anche cattivo uso. Il linguaggio quindi, influenzandoci, può anche manipolarci.
Diviene utopico pensare che la convivenza umana sia possibile senza che gli individui esercitino uno con l’altro una qualsiasi influenza. Creiamo quindi un’immagine del mondo come dovrebbe essere per noi, e non sono tanto le cose in sé ad essere buone o cattive ma il pensiero le fa diventare tali, come Kant suggerisce, la realtà rimane una costruzione di cui ci siamo dimenticati di essere noi stesi gli architetti. Le parole rendono credibile una realtà anche se non la possiamo ‘vedere’.
Ma chi ha un perché per vivere sopporta quasi ogni tipo di come…, fermiamoci ad un esperimento fatto con i nostri amici animali, in questo caso ratti. Se vengono messi nell’acqua dopo un po’ che nuotano in cerchio sembrano ‘stabilire ‘ che non ne usciranno e si lasciano morire non cercano oltre, la loro è un’immagine di situazione senza uscita; ma se almeno uno viene tirato fuori, l’immagine cambia e nuotano per uscire. Il messaggio è chiaro per cambiare una realtà che sembra immutabile dobbiamo sapere cosa deve essere cambiato. Quale linguaggio privilegiare per questo importante passaggio? Per noi sarà quello dell’emisfero destro, dove si esprime l’immagine del mondo, un linguaggio intuitivo, che mette in forma la realtà, che regge la chiave del nostro esserci, del nostro vedere, soffrire, sentire, laddove il substrato emotivo non solo sfugge alle regole, ma anzi testimonia la libertà dell’individuo. Un linguaggio analogico intraducibile in uno digitale, che traducendo testardamente la nostra irriducibilità al qui ed ora, crea fraintendimenti, errori ripetuti che creano disfunzioni, nervosi dipendenze e impedisce un vero cambiamento.
Il vero cambiamento è creativo a volte improvviso, immediato, ‘non mediato’, apparentemente privo di una logica, ma solo cosi davvero efficace. Parole queste a favore della genitalità, della sensibilità, del moto di spirito e della risata intelligente che il potere, quello poco intelligente, teme da sempre.